Le botteghe dei ceramisti, piene di anfore, brocche e piatti, nascondono i segreti dei diversi tipi di lavorazione: da quello manuale, più istintivo ed antico, alla tecnica denominata a colombino, dalla modellazione a stampo alla lavorazione al tornio...
Tutte queste tecniche presuppongono un rapporto intimo e complice con l’argilla, un rapporto simbiotico che possa permettere alla fantasia di manifestarsi e di conferire alla plasticità della materia la declinazione in forme sempre diverse.
L'argilla, resa polvere, viene dapprima sminuzzata e setacciata per eliminare scorie, residui di sabbia, conchiglie; qualora non lo si facesse il manufatto all'interno del forno si creperebbe. Dopo la depurazione va messa in acqua, fatta gonfiare, resa poltiglia (barbottina), risetacciata e degasata.
Fase indispensabile dopo la realizzazione dell’oggetto è l'essiccazione, procedimento che permette l'eliminazione della maggior parte dell’acqua contenuta nell’impasto. Solo dopo avviene la cottura vera e propria in forno, per circa 12 ore ad una temperatura superiore ai 900°.
La cottura è fondamentale per eliminare l’acqua che non è evaporata durante l’esposizione al sole e per rendere la materia dura e pronta per la smaltatura. Per ultimo si esegue la decorazione che può essere di diversi tipi, tra i quali i più comuni legati alla tradizione richiamano il mondo della natura come foglie, fiori, galli ed altri animali oltre che motivi geometriche.
La tradizione lucana è legata in modo particolare ad alcuni oggetti che rientravano a pieno titolo nel vivere quotidiano e nelle dinamiche familiari: oltre a brocche per vino, bicchieri, ciotole e vari altri utensili domestici di piccole e grandi dimensioni, il piatto era il simbolo della condivisione e dell'unione familiare.
Si mangiava intorno ad un unico piatto grande ( dai 30 ai 50 cm di diametro ) di creta molto grezza, smaltato all'interno e decorato solitamente con dei fiorellini dalle tonalità del blu fino al verde, realizzati con i polpastrelli delle dita intinti di colore. Con il tempo e l'uso, il piatto poteva rompersi e data l’estrema povertà, fu inventata una tecnica di riparazione che garantiva il successivo riutilizzo. Infatti il cucitore era una figura molto richiesta e sempre presente nella società contadina: girava per le strade con un piccolo trapano a mano, tenaglia e pinza, forava il piatto (o qualsiasi altro oggetto) lungo la rottura, ricuciva con ferro filato e successivamente chiudeva i fori con una strato di gesso in modo tale da rendere meno visibile la cicatrice.
Dall'esperienza demiurgica del vasaio manipolatore e plasmatore di materia, nasce la figura del fornaciaio. Nelle periferie dei paesi erano presenti fornaci, piccole fabbriche in cui si producevano mattoni, tegole, e materiale edilizio in genere.
L'argilla, che serviva per queste lavorazioni, non subiva una depurazione accurata come per la realizzazione di utensili e vasellame; essa, al contrario, veniva ammucchiata al di fuori delle fornaci e inevitabilmente sottoposta ad agenti atmosferici che la ammorbidivano e la sgretolavano. Solo a primavera subentrava la lavorazione vera e propria: i piedi questa volta, non le mani, servivano a pestare un composto mescolato con l’arena. L’impasto, una volta pronto, si metteva in forme di legno predisposte per la creazione di mattoni. Prima della cottura, abbelliti e lisciati, si adagiavano su tavole inclinate per consentire l'eliminazione dell’acqua. I forni per la cottura avevano forma cilindrica, alti circa 4 metri e larghi 3, custodivano i mattoni per diversi giorni. La cottura durava una trentina di ore e si tiravano fuori solo quando il forno si era raffreddato completamente, cioè 4 o 5 giorni dopo. Le donne avevano il compito di rivoltarli, ripulirli e selezionarli.
I mattoni spesso, oltre che per l’edificazione, erano impiegati nella realizzazione di pavimentazioni delle case tradizionali. In tutto il meridione a partire da Napoli, invece, sin dalla fine del 1400 con una probabile influenza spagnola, era diffusissimo l’utilizzo di mattonelle maiolicate o in cotto.
I condizionamenti culturali dell’allora capitale del Regno erano così dominanti che tali mattonelle dette riggiole presero piede anche in Basilicata, soprattutto nell’area tirrenica, i cui segni sono visibili e molto evidenti a Maratea.

Tornio, macchina utensile utilizzata per la lavorazione di un pezzo ••• posto in rotazione ••• assemblaggio di elementi meccanici in ferro e legno ••• artigianato vernacolare ••• Basilicata, 1955 circa ••• Museo Ceramiche Antiche, Grottole (MT)

Stampo per la creazione di mattoni ••• assemblaggio di elementi in ferro e legno ••• artigianato vernacolare ••• Basilicata, 1955 circa ••• Museo Ceramiche Antiche, Grottole (MT)

Antica fornace in cui sono visibili, nella parte superiore, l’ingresso per l’inserimento dei manufatti in argilla da cuocere e inferiormente la bocca della “camera di combustione” per l’inserimento della legna che alimentava il fuoco ••• Basilicata - Grottole (MT)

Brocca a due anse per la conservazione e il trasporto dell’acqua ••• terracotta non smaltata ••• artigianato vernacolare ••• 1950 circa ••• Museo della Civiltà contadina Pisticci - collezione privata Quinto

Giara con cannello per la conservazione e la somministrazione dell’acqua ••• terracotta smaltata ••• artigianato vernacolare ••• 1950 circa ••• Museo civiltà contadina Pomarico (MT)

Contenitore per la conservazione di alimenti (olive in salamoia, carne sotto sale) ••• terracotta smaltata ••• artigianato vernacolare ••• Basilicata, 1960 circa ••• Collezione privata Pisticci

Contenitore ••• terracotta smaltata decorata con motivi fitomorfi ••• artigianato vernacolare ••• Basilicata, 1945 circa ••• Museo della Civiltà contadina Pisticci (MT) - collezione privata Quinto

Serie di brocche e tazze ••• terracotta smaltata con tecniche tradizionali e decorazioni a motivi fitomorfi ••• artigianato vernacolare ••• Basilicata, 1970 circa ••• Collezione privata, Grottole (MT)

Piatto ••• terracotta smaltata con tecniche tradizionali e decorazioni a motivi fitomorfi ••• artigianato vernacolare ••• Basilicata, 1950 circa ••• Collezione privata Pisticci (MT)

Piatto (particolare delle cuciture effettuate in caso di rottura e ri-assemblaggio dei pezzi) ••• terracotta smaltata con tecniche tradizionali e decorazioni a motivi fitomorfi ••• artigianato vernacolare ••• Basilicata, 1950 circa ••• Collezione privata Pisticci (MT)

Piatto (cucito) ••• terracotta smaltata con tecniche tradizionali ••• artigianato vernacolare ••• Basilicata, 1940 circa ••• Museo civiltà contadina Collezione privata Quinto, Pisticci (MT)

Trapano per la foratura della terracotta in caso di cucitura e ri-assemblaggio di piatti e recipienti rotti ••• Basilicata, 1950 circa ••• Museo civiltà contadina Collezione privata Quinto Pisticci (MT)
GLOSSARIO DELLA TERRACOTTA
••• Argilla o Creta
Roccia sedimentaria clastica, costituita da granuli detritici, di dimensioni inferiori a 0,004 mm. In relazione alla loro composizione, le argille hanno caratteristiche differenti. In primo luogo il colore. Vi sono depositi ricchi di caolino (roccia sedimentaria) e poveri di ossidi di ferro che hanno una colorazione più chiara e vicina al bianco. Questo tipo d’argilla è sfruttato per l’industria della porcellana. Vi sono anche argille con maggior presenza di ossidi di ferro che hanno colorazioni che spaziano nella gamma del rosso.
••• Barbottina
Impasto fluido e viscoso ottenuto dall’impasto di acqua ed argilla.Nella lavorazione della creta, ha principalmente lo scopo di legante tra pezzi di una stessa opera che abbiano raggiunto la durezza cuoio. Utilizzata anche negli stampi in gesso per riproduzioni fedeli con la tecnica del colaggio.
••• Biscotto
Con il termine biscotto s’intende l'oggetto dopo la prima cottura e dopo un periodo di essiccazione. Tale cottura si attesta ad una temperatura variabile tra i 750°-900 ° quando l'impasto raggiunge il necessario grado di durezza.
••• Caolino
Il caolino è una roccia clastica o detritica coerente costituita da caolinite, un minerale silicatico delle argille. Il caolino ha un aspetto terroso e piuttosto tenero ed è prodotto dall'azione dell'acqua meteorica sul feldspato. È solitamente bianco o grigiastro, anche se talvolta assume colorazioni arancio o rossicce per la presenza di ossidi di ferro. Per il suo colore, e in virtù del suo basso costo, la sua polvere bianca è largamente usata in numerosi processi produttivi.
••• Colombino
Tecnica di lavorazione dell’argilla molto antica, in uso soprattutto prima dell’avvento del tornio e per costruzioni di vasi o oggetti molto grandi. Questo tipo di lavorazione implica la creazione con i palmi delle mani di colombini, lunghi cilindri di argilla che si arrotolano l’uno sull’altro si lisciano e compattano partendo da una base precedentemente ritagliata.
••• Cristallina
Smalto incolore utilizzato nelle seconde cotture per rendere l’oggetto impermeabile.
••• Durezza cuoio
Stadio in cui la creta ha raggiunto un’asciugatura tale da non essere più plastica, cioè plasmabile, ma l’essicamento non è ancora giunto a compimento. Se la durezza cuoio è appena iniziata, si può ancora incidere l’oggetto e aggiungervi particolari in argilla.
••• Essiccazione
Qualunque sia la tecnica adottata per la realizzazione, è necessario che i manufatti in argilla essicchino completamente all'aria. A questa fase va dedicata una particolare cura. Un’ essiccazione omogenea e uniforme è garanzia di durevolezza dell'oggetto finito e soprattutto della coerenza della sua forma: una essiccazione non uniforme può generare deformazioni. Solo dopo questa fase si può procedere alla cottura. L'essiccazione, infatti, consente all'oggetto di perdere l'umidità residua e la sua plasticità. Viene così fissata la forma che si è inteso dargli. Dopo un certo periodo di essiccazione l'argilla raggiunge lo stadio adatto ad essere incisa e decorata. Tale stadio è detto della stadio della durezza cuoio: l'argilla è infatti già indurita, ma mantiene ancora una certa residua plasticità.
••• Ingobbio
Argilla cremosa di colore naturale o colorata con ossidi metallici, si applica sulla superficie dell’oggetto allo stato di durezza cuoio per modificare il colore dell’argilla sottostante, spesso sull’ingobbio vengono incisi o sgraffiati dei disegni.
••• Maiolica
Ceramica composta da un impasto di argilla e marna rivestito a caldo da uno smalto impermeabile o da vernice vetrificata.
••• Muffola
Camera del forno in mattoni refrattari che protegge gli oggetti dal contatto diretto con la fiamma.
••• Riggiola
Modernamente si intende la piastrella, maiolicata o meno, che di solito concorre a formare la pavimentazione esterna o interna di un edificio; anticamente, invece, con il termine riggiola i napoletani intendevano propriamente la piastrella in cotto grezzo solitamente di cm 20x20.
••• Smaltatura
La smaltatura ha lo scopo di proteggere il pezzo dall'usura, di facilitarne la pulitura e la manutenzione e di decorarlo. La smaltatura avviene dopo la cottura e si utilizzano appositi smalti composti da una miscela in vari rapporti di vetro, opacizzanti, fondenti e terre. La smaltatura classica, pertanto è applicata all'oggetto già passato in cottura. Vi sono svariate tecniche di smaltatura: ad aerografo, per immersione, pittura a smalto, a campana ed elettrostatica. Dopo la smaltatura si passa alla decorazione pittorica che è usualmente fatta a mano con pennello e colori ceramici. Questi colori ceramici sono ottenuti da ossidi minerali oppure da ossidi metallici addizionati di fondenti o indurenti. Dopo la smaltatura e la decorazione si procede con una seconda cottura, il cui scopo è di fissare lo smalto all'oggetto. Tale cottura si attua in forno ad una temperatura compresa tra gli 850 e i 970 °, a seconda dei fondenti utilizzati nello smalto e sempre al di sotto della temperatura utilizzata per la prima cottura. Questa seconda cottura porterà lo smalto a vetrificare, rendendolo lucido e impermeabile.
••• Spolvero
Disegno traforato su carta, che si trasferisce sullo smalto crudo tamponando con un sacchettino di polvere di carbone o grafite polverizzata.